Esattamente 52 anni fa, il 2 agosto del 1967 a Bellinzona nasceva Marco Giampaolo. Da poco più di un mese, il mister è alla guida del Milan con una impresa ardua da compiere: rilanciare il club rossonero ai vertici del calcio. Noi di CasaMilan.it facciamo un grande ‘In bocca al lupo’ a Mister Giampaolo, rivolgendogli anche i più calorosi auguri di buon compleanno. E lo celebriamo così, proponendovi alcune sue parole rilasciate in una intervista a ‘Repubblica’. Parole che spiegano l’essenza di Marco Giampaolo. L’uomo cresciuto a pane, calcio e onestà.
“Vede, sono nato a Bellinzona perché mio padre era muratore, mia madre operaia tessile. Poi sono tornati a casa, ci hanno fatto studiare e ci hanno insegnato che l’onestà e la serietà sono tutto. Un giorno mio fratello ha trovato un portafogli ben fornito accanto a un’auto, l’ha portato a casa e mio padre gli ha detto: bene, adesso lo portiamo ai carabinieri. Mio padre mi ha sempre insegnato il valore della dignità, una cosa che per me viene prima di tutto, nella vita e soprattutto nel mondo del calcio dove spesso la si perde per interessi. Io per mantenere la dignità ho perso soldi, opportunità e ‘amicizie’ con alcuni presidenti.
Ad esempio nel 2013 ero a Brescia, sin da subito gli obiettivi della società non erano più in linea con quelli programmati. Così ho deciso di dimettermi per non tradire il mio modo di fare calcio. Mi hanno dato del pazzo invece sono molto lucido: non mi riconoscevo in quel calcio selvaggio. Andare a colloquio per rendere conto ai tifosi bresciani è stato umiliante, inaccettabile e la società avrebbe dovuto tutelarmi. Ci sono cattive abitudini che il calcio italiano non riesce a estirpare. Ma la colpa non è dei tifosi. La colpa è dei club che hanno istituzionalizzato queste politiche e continuano a praticarle.
Non sono un allenatore che sogna tattiche e schemi di notte. Dormo sei ore, sei ore e mezza. Ho un pregio: quando appoggio la testa, piombo. La sera prima della partita dormo bene e non sogno calcio. E’ come se il fisico andasse in modalità ricarica. Tanto ormai è tutto fatto. C’è la partita ma è un’altra storia.
La sera dopo la partita, invece, è una tragedia. Mi addormento alle quattro, le cinque. Non dreno l’adrenalina. A volte però ammetto di pensare agli schemi mentre pranzo o ceno, difatti delle volte mi ritrovo a disegnare schemi sulle tovaglie, spostare bicchieri e altre stoviglie”.